Questi peperoni da supermercato sembrano naturali: scopri perché stanno sabotando la tua dieta senza che tu lo sappia

Quando percorriamo il corridoio delle verdure al supermercato, i peperoni preparati attirano la nostra attenzione con etichette colorate e promesse allettanti. Eppure, dietro quelle confezioni dall’aspetto salutare si nasconde spesso una realtà diversa da quella che il marketing lascia intendere, soprattutto per quanto riguarda il profilo nutrizionale e l’apporto di grassi e sale rispetto al prodotto fresco. Secondo le indagini sui consumi dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, i prodotti vegetali conservati in olio o salamoia contribuiscono in modo non trascurabile all’assunzione di grassi e sodio nella dieta complessiva.

Quando “naturale” diventa un termine elastico

Il termine naturale sulle etichette rappresenta uno dei paradossi più evidenti della comunicazione alimentare moderna. In Europa la dicitura “aroma naturale” è regolata dal Regolamento CE n. 1334/2008, ma il termine “naturale” come claim generale non ha una definizione univoca e vincolante analoga a quella di “biologico”, come evidenziato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in più casi di pubblicità ingannevole su prodotti alimentari. Questo crea un margine interpretativo che può indurre il consumatore ad associare “naturale” a un alimento minimamente processato, mentre in realtà può essere stato sottoposto a vari trattamenti tecnologici legittimi.

Tecnicamente, un peperone rimane un ortaggio di origine vegetale anche dopo essere stato grigliato, pelato, confezionato e addizionato con sale, olio, aceto e antiossidanti. La normativa sugli alimenti trasformati consente l’uso di tali ingredienti purché siano indicati in etichetta, e non vieta l’uso di claim “naturale” in assenza di definizione specifica. Il problema riguarda quindi l’aspettativa del consumatore: numerosi studi mostrano che il termine porta a percepire il prodotto come più sano e meno processato di quanto non sia in realtà.

Un peperone grigliato e conservato sott’olio con aggiunta di sale, aceto e antiossidanti può quindi riportare in etichetta indicazioni come “ricetta naturale” o simili, pur avendo un profilo nutrizionale molto diverso dal peperone fresco, per l’elevato contenuto di grassi e sodio rispetto all’ortaggio crudo, come mostrato dalle tabelle di composizione degli alimenti dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione.

L’inganno nascosto nell’olio di conservazione

I peperoni sott’olio sono particolarmente critici per chi monitora l’apporto calorico. I dati delle tabelle di composizione CREA indicano che i peperoni freschi crudi apportano circa 20-30 kcal per 100 grammi, con meno di 0,5 grammi di grassi totali. Le verdure sott’olio, invece, possono fornire 150-250 kcal per 100 grammi, con 15-25 grammi di grassi, in funzione della quantità di olio assorbito.

Poiché un grammo di olio fornisce circa 9 kcal, secondo quanto riportato dalle Linee Guida per una Sana Alimentazione CREA, è plausibile che peperoni conservati in una miscela con olio possano arrivare a fornire 4-5 volte le calorie del prodotto fresco a parità di peso, quando l’olio è tra i primi ingredienti e il contenuto di grassi supera i 15-20 grammi per 100 grammi di prodotto.

L’olio di conservazione non è un semplice liquido in cui galleggia il prodotto: parte dell’olio viene effettivamente assorbita dalla polpa dell’ortaggio durante la conservazione, come descritto per le verdure marinate in olio e salamoia nei testi di tecnologia alimentare. Questo trasforma un alimento a basso contenuto di grassi in una fonte calorica molto più densa.

Molte confezioni riportano dichiarazioni come ricco di vitamine o fonte di antiossidanti. Dal punto di vista scientifico, è corretto che i peperoni siano una buona fonte di vitamina C, carotenoidi e altri composti antiossidanti anche dopo cottura, sebbene una parte della vitamina C termolabile si riduca. Tuttavia, tali claim risultano parziali se non accompagnati dal contesto calorico e lipidico. Una porzione da 100 grammi di peperoni sott’olio con 20 grammi di grassi può facilmente raggiungere 180-200 kcal, un valore comparabile a una porzione di pasta in bianco di piccole dimensioni.

Il sodio invisibile nelle preparazioni

Il sale aggiunto nei peperoni preparati svolge funzione conservante, migliora sapidità e copre eventuali imperfezioni sensoriali della materia prima. In molti prodotti pronti vegetali, il contenuto di sodio può risultare elevato rispetto al prodotto fresco, che contiene solo sodio naturale in quantità molto basse.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di non superare 2 grammi di sodio al giorno, equivalenti a circa 5 grammi di sale, per l’adulto, per ridurre il rischio di ipertensione e malattie cardiovascolari. Se un prodotto di peperoni preparati contiene 0,4-0,6 grammi di sodio per 100 grammi, valori comuni per verdure in salamoia o condite secondo i database nutrizionali nazionali, una porzione di 100 grammi può coprire il 20-30% del fabbisogno giornaliero raccomandato.

Questo dato è particolarmente rilevante per chi soffre di ipertensione o ritenzione idrica: le linee guida internazionali raccomandano esplicitamente la riduzione dell’apporto di sale come parte della terapia non farmacologica. Tuttavia, nella comunicazione frontale di molti prodotti, il contenuto di sale è spesso meno enfatizzato rispetto ai claim positivi, nonostante il Regolamento UE n. 1169/2011 imponga la dichiarazione nutrizionale con il valore di sale in tabella.

Conservanti e additivi: la trasparenza mancata

Gli additivi autorizzati nei peperoni preparati sono regolati dal Regolamento CE n. 1333/2008 e valutati come sicuri dall’EFSA alle dosi consentite. Composti come acido citrico (E330), acido ascorbico (E300), sorbato di potassio (E202) e metabisolfito di sodio (E223) svolgono funzioni tecnologiche documentate: regolazione dell’acidità, azione antiossidante, conservante antimicrobico e prevenzione dell’imbrunimento e della perdita di colore.

Le valutazioni EFSA confermano che, entro le Dosi Giornaliere Ammissibili, questi additivi sono considerati sicuri per la popolazione generale, salvo soggetti sensibili, in particolare ai solfiti, che possono causare reazioni in alcuni asmatici. Il punto critico non è la sicurezza tossicologica, ma la percezione: la presenza di un elenco ingredienti con più additivi può risultare in contrasto con l’immagine “semplice” e “genuina” trasmessa dal packaging.

Per questo motivo, un consumatore attento dovrebbe leggere l’etichetta completa e non limitarsi ai claim frontali. La presenza di questi composti, per quanto legali e sicuri, contrasta con l’aspettativa di un prodotto minimamente processato che il packaging spesso suggerisce.

Come orientarsi tra le scaffalature

La tabella nutrizionale è lo strumento oggettivo per valutare un prodotto, come sottolineato dalle Linee Guida per una Sana Alimentazione del CREA, che invitano a controllare i valori per 100 grammi per confrontare alimenti simili. Mettere a confronto peperoni freschi, che forniscono 20-30 kcal, meno di 0,5 grammi di grassi e sodio molto basso, con peperoni sott’olio o molto conditi, che spesso superano le 150 kcal, 15 grammi di grassi e hanno un contenuto di sodio sensibilmente più alto, evidenzia subito la differenza sostanziale.

L’elenco ingredienti è un’altra fonte essenziale: per legge, gli ingredienti devono essere elencati in ordine decrescente di peso. Se l’olio compare come secondo ingrediente dopo i peperoni, significa che rappresenta una quota importante del prodotto finito, e non solo un velo di condimento. In ambito di educazione alimentare, diversi enti suggeriscono come regola pratica che, in molti casi, un elenco breve e comprensibile può essere indicativo di minore trasformazione, anche se non è un criterio assoluto di qualità.

Alternative consapevoli per il consumatore informato

Preparare i peperoni in casa permette un controllo diretto su ingredienti e metodi di cottura. Le linee guida di sanità pubblica sulla cucina domestica salutare incoraggiano l’uso limitato di oli, preferendo olio extravergine d’oliva in quantità moderate, e la riduzione del sale, sostituendolo in parte con erbe aromatiche e spezie.

Grigliare i peperoni, rimuovere la pelle bruciata, condirli con una moderata quantità di olio, aceto e aromi freschi, e conservarli in frigorifero in contenitori ermetici per pochi giorni, consente di avere un prodotto saporito ma con un contenuto di grassi e sale controllabile, nell’ambito delle norme igieniche domestiche.

Per chi privilegia la comodità, esistono prodotti industriali in cui i peperoni sono conservati in acqua, aceto e poco sale, con l’olio assente o presente in quantità ridotte. In questi casi, la tabella nutrizionale mostra spesso un contenuto calorico più vicino a quello del prodotto fresco, talvolta 30-60 kcal per 100 grammi, e un quantitativo di grassi molto inferiore rispetto alle versioni sott’olio. Tuttavia, trattandosi di conserve acide o in salamoia, i produttori indicano tempi di conservazione più brevi dopo l’apertura, in linea con le buone pratiche igieniche e con le indicazioni di sicurezza alimentare.

La responsabilità inizia dalla spesa

Ogni acquisto alimentare contribuisce alla qualità complessiva della dieta e, nel lungo periodo, al rischio di malattie croniche, come sottolineato dall’OMS e dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura nei documenti sulle diete sane e sostenibili. Scegliere prodotti con etichette trasparenti e profili nutrizionali coerenti con le raccomandazioni ufficiali invia anche un segnale al mercato, incentivando le aziende a sviluppare formulate più equilibrate.

Il prezzo superiore dei peperoni freschi rispetto ad alcune versioni industriali può essere interpretato, in ottica di salute pubblica, come un investimento in un’alimentazione più in linea con le Linee Guida nazionali, che raccomandano almeno 5 porzioni al giorno di frutta e verdura, preferibilmente poco salate e poco condite.

La differenza tra un peperone fresco e uno fortemente trasformato non riguarda solo la tabella nutrizionale, ma il ruolo che questi alimenti hanno nella dieta complessiva: diete basate su alimenti prevalentemente freschi o minimamente processati, poveri di sale e grassi saturi, sono associate a un minor rischio di malattie cardiovascolari e metaboliche. Comprendere che i claim pubblicitari rispondono a logiche commerciali e che l’unico strumento oggettivo di valutazione rimane l’etichetta nutrizionale ed ingredientistica è un passo fondamentale verso una spesa più consapevole e una dieta realmente equilibrata.

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